Gli errori dei perfezionisti

Essere meno perfetti, ma più sereni conviene

Cosa vuole l’uomo che ha l’ambizione di essere perfetto

Molte persone hanno bisogno di eseguire ogni compito alla perfezione per sentirsi in pace. Ma se questo bisogno diventa eccessivo, si rischia di non essere mai sereni e di essere in ansia tutto il tempo che si è impegnati in una attività.

Ulrike Zollner, nel suo libro Sindrome da Perfezionismo, Koinè, illustra nel dettaglio cosa succede quando questa problematica si struttura nell’animo umano.
Guardiamo insieme, seguendo questo testo, cosa veramente spinge un individuo a fare sempre di più affannosamente senza trovare mai pace e come si può uscire da tale circolo vizioso.

Il perfezionista ha in realtà un Io fragile, con una elevata esigenza di autonomia. Teme la dipendenza perché potrebbe dar potere agli altri su di lui.

Deve stare un passo più avanti dell’avversario perché ha un forte desiderio di controllo.
Segue nei ragionamenti una logica rigida del tutto o niente e ha grandi pretese negli affetti.
L’ordine gli serve per star bene e segue regole scrupolose, perché ha bisogno di chiare abitudini che rafforzano la sua sicurezza. E’ restio ai cambiamenti e per uno che ha la mania di essere il primo, migliorare è vissuto in modo sbagliato, come un volere a tutti i costi dominare, stare sempre in primo piano.

Il perfezionista non si sente mai libero, è sempre vincolato dal dovere, dal fare e ha una grande severità nelle pretese: non si può sbagliare e quindi anche gli altri devono agire bene, secondo i suoi criteri. E’ difficile perdonare, capire il punto di vista dell’altro.
Punisce se stesso e l’altro se gli esiti previsti sono disattesi. Non usa gli errori per correggersi e per non attivare la sua ansia di prestazione (legata al bisogno di sapere che sarà tutto perfetto), innalza tante difese, programma il futuro, non si lascia andare in maniera spontanea. Far bene le cose, programmarsi e organizzare le diverse attività non è scorretto anzi aiuta a completare le cose con soddisfazione.
L’errore è nell’esagerato bisogno di fare sempre tutto meglio di tutti.
Questa regola rigida se osservata fedelmente procura sofferenze perché spesso non c’è tregua tra una azione e l’altra. Inoltre se dietro questa indicazione di essere esageratamente perfetti si inserisce una sfida anche con se stessi, alla fine una vera soddisfazione non c’è mai.

Come si può cambiare

- Si può diventare più umani, ammettendo gli errori e le insicurezze e non negando le paure.
- Si può accogliere il punto di vista dell’altro, anche se non lo condividiamo e non presumere che il nostro sia a priori migliore.
- Si può mettere un punto a quello che si fa e si sostiene e non tirarla sempre per le lunghe, soprattutto nei discorsi, per trovare le prove di aver ragione, di essere migliori.
-  Meglio guardare avanti e non in dietro nel prendere decisioni; non si può tentennare per andare alla ricerca dell’esito migliore in assoluto, che non esiste.
- Si può dire di no al continuo rimuginare sulle preoccupazioni costanti di aver fatto male o bene.
- Sarebbe utile porsi dei limiti e confini sulle cose da fare senza pretendere troppo da sé e conservarsi sempre del tempo libero.
- Si può trovare maggior gusto nel vivere ed evitare di percepire i difetti come colpi duri per l’autostima, trasformandoli in spunti per cercare nuovi modi per esprimere el proprie esigenze.
- Vivere il presente. Nel dialogo solitario distogliamo lo sguardo al fututo minaccioso e riportiamolo al presente. Niente può essere perfetto in natura, ma tutto ci può appagare nella sua forma non perfetta.