I livelli di condizionamento

Esistono delle tecniche per rintracciare dai sintomi i motivi del malessere

Andando a ritroso alla ricerca delle cause soggettive che influenzano una certa reazione e sintomatologia che una persona riporta ad un professionista (blocco, insicurezza, malessere..) si scopre una gerarchia di motivi equivalenti a ciò che il soggetto ha imparato a valorizzare. I moventi, spesso sbagliati e causa di comportamenti inadeguati, si apprendono per tutelare la felicità, per difendersi da un sentimento sgradevole e scaturiscono da ciò che si pensa pericoloso. Gli interrogativi a cui il terapeuta pone risposta ascoltando il paziente sono:
qual è il movente? (terzo livello)
perché il movente è significativo? (secondo livello)
come e perché tale movente nacque? (primo livello).

Al terzo livello si colloca tutta la sintomatologia, ovvero i pensieri catastrofici o di onnipotenza narcisistica, le paure e la tristezza e ancora l’euforia incontrollata, unita alla vasta gamma di emozioni possibili e ai comportamenti non adatti ad un buon funzionamento generale. Prendiamo, ad esempio, una donna che si presenta con disturbi di attacchi di panico, legati alla respirazione, alla gestione del quotidiano e alla capacità di guidare la macchina o allontanarsi da casa.

Il ragionamento all’indietro conduce al secondo livello dove emergono i valori fondamentali e irrinunciabili, sulla base dei quali si è impostato un proprio agire quotidiano, rendendo intollerabile la loro non realizzazione completa. Purtroppo spesso, sebbene i valori siano legittimi, si trasformano in ambizioni assurde, non appena se ne ricerca esclusivamente l’aspetto ideale, senz’altro più gratificante, ma destinato a sfumare presto.
Tornando all’esempio, la signora ha il corpo che le dice di riposarsi, di stoppare e di recuperare. Ma lei deve fare, ha bisogno di organizzarsi, non può lasciare indietro nulla, non può sopportare di vedere che non riesce e continua fino all’estremo delle forze.

Al primo livello si trovano alcune variabili che ci mostrano come molteplici forme esterne conducono alla fine ad una unitarietà di cause. Si tratta di timori sperimentati in modo esagerato e devastante:
- la solitudine eterna e totale;
- dolore eterno e totale;
- l’impotenza eterna e totale;
- la nullità del valore;
- l’assenza della possibilità esprimere la propria individualità

L’individuo soffre perché non vuole star solo, né sperimentare impotenza, provare dolore, né tantomeno sentirsi una nullità e con l’impossibilità di emergere come individuo, in quanto percepisce queste condizioni, come eterne e immodificabili. Vuole decidere sempre in anticipo quello che deve accadere, ma questo si scontra con le leggi della natura.
La signora con attacchi di panico odia pensare di essere giudicata incapace e non sopporta di vedere che non riesce, perché ha standard alti con cui si valuta. E se si vede negativa fallita sta male perché generalizza e pensa che non ci sia soluzione, che tutto sia sbagliato che nessuno la sosterrà. Ha manie di perfezionismo che la bloccano e le impediscono di accogliere piccoli traguardi. O tutto o nulla.

Ecco quindi che trovate le cause ci si posiziona ad un livello, quello razionale che ci consente di tracciare una strada per corregere la direzione sbgaliata. Il livello 0 (metacognitivo) ci chiarisce che ad accumunare i cinque orrori umani è la sfiducia davanti all’armonia e alla perfezione della natura umana, che se rispettate procurano benessere. Non affidarsi al caso, inevitabile e incontrollabile, dipende dal porsi in una posizione di giudizio negativo, che porta la persona a oltrepassare i propri limiti e a pretendere con arroganza e superbia di dominare ogni tipo di minaccia al suo presunto bene. Spesso la dignità dell’uomo consiste nel mantenere il controllo degli eventi e nel sapersi arbitro del corso dell’universo. Ma uscire dalla dimensione umana è una follia e procura notevoli problemi. Inoltre la sfiducia influenza la visione del mondo, le azioni e i sentimenti che vengono sperimentati.
Si deve allora ritrovare l’umiltà, l’unica che accompagnata da volontà e spontanea obbedienza alla propria natura può aiutare un essere straziato dai tormenti a superare quelle crisi, a volte insostenibili, della vita.
Pertanto la signora dell’esempio deve accettare i suoi limiti, ritrovare equilibrio tra cose da fare e momenti di riposo e dare valore a tutto. Sia gli errori che le cose ben fatte. Non c’è il vuoto se ci si riposa, ma la noia può essere una occasione per leggersi dentro. E fermarsi un attimo aiuta a fare le cose non in automatico, ma dopo una giusta valutazione e decisione.

“ Restare al proprio posto. Cosa è mai questo dovere nella prassi della natura quotidiana priva di pathos? Essere attaccati a ciò che esiste, a quelle sante tradizioni, alla dimessa semplicità dello stile di vita, osservare scrupolosamente i precetti della convivenza civile, tenere a tutto ciò che è visibile e certo, a tutto ciò che è realtà, che è comunanza di sentimenti, volontà e memoria e respingere ciò che è dubbio, che è disgregazione, sfacelo e istintiva ambizione, irresponsabilità individuale”.