Verifica dell'efficacia intervento

ESAME DELL'ESITO DEGLI INTERVENTI

I  dati relativi alle persone da me seguite dal 1999 al 2003 (un campione di circa 50 soggetti, misti tra donne, uomini e adolescenti con cui è stato portato a termine il lavoro di sostegno e ridefinizione degli obiettivi individuali) hanno messo in luce l’esistenza di quadri sintomatologici complessi e diversificati, che riconducono tuttavia ad un unico tema: la qualità della vita. Chi attraverso un meticoloso e sofisticato impegno è riuscito a far luce sul modo disorganizzato di affrontare gli eventi e di elaborare momenti di sofferenza, ha imparato ad accogliere meno bruscamente gli imprevisti e a trasformare certi obiettivi da vincoli in opportunità.
Attraverso una scheda riepilogativa da me costruita ho potuto individuare, ad esempio, che i bisogni segnalati dalle persone al momento della richiesta di aiuto concernono principalmente il basso grado di soddisfazione relativo alle loro esperienze, dietro cui si colloca l’eterna lotta tra le alte aspettative di successo e lo scarso livello di stima delle proprie capacità.
Rivalutando le sensazioni dei pazienti al termine del trattamento mi è stato possibile fare un confronto con i momenti iniziali ed è emersa senza dubbio una progressiva competenza nella gestione delle difficoltà quotidiane. Avere più consapevolezza dei propri vissuti e dei limiti soggettivi facilita il miglioramento e anche laddove, per ragioni varie viene sospeso il percorso iniziato, viene gettato un seme che alla prima occasione possibile può rappresentare l’alternativa risoltutoria.

Avendo come riferimento le categorie prese in considerazione dalla versione italiana del Sickness Impact Profile, uno degli strumenti generici più diffusi attualmente nella clinica per la misura dello stato di salute, ho cercato di valutare la percezione del paziente, al momento della richiesta di aiuto, riguardo le limitazioni da lui stesso osservate nell’iniziare, mantenere o effettuare una attività a seguito del disagio psicofisico (tabella 1). I medesimi interrovativi, dopo sei mesi circa dall’intervento, mi hanno inoltre permesso di ricavare utili informazioni sulle compromissioni residue e i miglioramenti percepiti ed espressi dai singoli soggetti (tabella 2).

 

Tabella 1

Categoria
    Valutazione del paziente sulle compromissioni percepite all’inizio dell’intervento
Lavoro
 
Incapacità di concentrarsi al lavoro e di essere produttivi.
Comportamento emozionale
 
Nervosismo, irrequietezza, reazione esagerata di pianto, sensazioni di essere inutili e di peso per altri
Sonno e riposo
 
Difficoltà di addormentamento; sonno disturbato; stanchezza costante durante il giorno.
Ricreazione e passatempi
 Riduzione delle attività ricreative.
Gestione della casa
 
Trascuratezza e poco interesse nello svolgimento delle attività quotidiane della casa.

 

 Tabella 2
 

Categoria               
        Valutazione del paziente sulle compromissioni residue e sui miglioramenti
Lavoro
Miglior disponibilità ad applicarsi.
Comportamento emozionale

Minor agitazione e più sofferenza legata alla consapevolezza dei vissuti personali.
Sonno e riposo
 
Miglior impiego delle risorse e recupero attraverso il sonno.
Ricreazione e passatempi
 
Incremento delle attività ricreative.
Gestione della casa
 
Svolgimento delle attività quotidiane della casa con una fatica inferiore.

 

 

 Esaminando i valori ricavati da questa indagine, ho notato nel complesso che le persone risentono soprattutto di alterazioni nella sfera emozionale e che mettersi in discussione non elimina la sofferenza, inevitabile aspetto della vita di ognuno, ma favorisce un miglior approccio nella gestione delle situazioni e nell’interpretazione dei fenomeni. Saper ridefinire la gravità di un fatto sulla base di una scala di principi giuda sempre più vicini alla vera realizzazione di sè porta a star meglio sia a livello personale che nell’interazione con gli altri.

Una procedura conclusiva di quanto il lavoro terapeutico sia risultato efficace, l’ho ottenuta mediante il confronto tra le affermazioni dei pazienti e un mio inquadramento delle loro problematiche in rapporto ai sintomi segnalati e agli ambiti in cui maggiormente si sono riscontrate le difficoltà..

 

Bisogni
Contesti compromessi più coinvolti Sintomatologia lamentata
Conoscenza del vero sè
Privato
 
 Ansia, depressione, problemi alimentari
Sostegno emotivo 
Familiare e sociale
 
Disturbi di personalità 
Acquisizione di sicurezza
 
Lavorativo
 
Comportamenti aggressivi o di inibizione e chiusura
Informazioni su sintomi sconosciuti
 
Privato
 
Ipocondria, angoscia
Elaborazione di eventi negativi
 
Privato e relazionale
 
Pensieri negativi ricorrenti, tendenza a rimuginare

Gestione della sofferenza
 
Privato e relazionale
 
Stanchezza costante, inattività

 

 


In base alla gravità dello stato e alla conseguente capacità della persona di riconoscere l’entità del disordine a livello delle convinzioni più profonde e del suo comportamento successivo ho potuto approfondire alcune tematiche della storia di ciascuno, per impostare un programma di intervento ben mirato. La tecnica mediante la quale si è avuto un maggior esito positivo in breve tempo è stata l’analisi funzionale delle situazioni ritenute pericolose. Distinguerne i contorni e associarle a pensieri, emozioni e agiti concomitanti, dà al paziente il mezzo per non essere più spettatore passivo di quanto accade, ma protagonista delle sue scelte e artefice dei cambiamenti possibili, in direzione dei suoi obiettivi.

Durante il periodo del 2003-2004, l’efficacia del percorso terapeutico, ho cercato di misurarla oltre che sulla base di osservazioni cliniche e impressioni personali, attraverso la somministrazione del SAT-P, questionario che valuta il grado di soddisfazione personale dichiarato dalla persona, rispetto ai diversi ambiti di vita.
I dati emersi confermano che i soggetti che imparano a riconoscere i propri limiti e che si impegnano per attuare dei cambiamenti, laddove riscontrano degli errori o degli spazi bui, facendo leva sui loro punti di forza, riescono più facilmente ad affrontare i momenti di crisi e a gestire adeguatamente le situazioni problematiche.
Partendo da un campione di 10 persone (tra i 16 e i 3 anni), con cui sono stati fatti incontri continuativi per sei mesi circa, ho potuto constatare che un elevato livello di insoddisfazione si manifesta non appena si ha l’impressione di non avere strumenti a disposizione per affrontare certe problematiche.
La confusione e il senso di smarrimento, creato da situazioni vissute come ingestibili e senza soluzione porta ad un malessere che, se non controllato, procura una vera e propria angoscia esistenziale.
Il dolore si sviluppa perché certi fatti sono considerati immodificabili e l’individuo si vede in trappola, vittima di eventi esterni e interni, a cui non può sottrarsi.
Chi sta male vive in un mondo percepito in modo estremamente negativo. La percezione, d’altra parte non è una generica sensazione che svanisce appena ci fanno notare che si tratta di considerazioni soggettive, ma fa preciso riferimento alle nostre strutture mentali. Per questo è importate quello che per il singolo rappresenta il “male”, la condizione di disagio e aiutarlo poi a trovare i veri confini e delle alternative di interpretazione. Solo dopo aver individuato insieme nuove visioni dello stesso fatto, noi operatori che sosteniamo i soggetti sofferenti possiamo guidarli verso una maggior consapevolezza delle loro scelte. Sapere che ci sono nuove strade e che niente è impossibile, assumendosi i rischi dei cambiamenti, diventa il presupposto principale per migliorare il grado di autostima e soddisfazione di sé.

Il SAT permette di analizzare il benessere delle persone secondo diversi fattori: la funzionalità psicologica - la funzionalità fisica- il lavoro- la categoria comprendente sonno alimentazione e tempo libero e la funzionalità sociale. In particolare, l’analisi dei questionari fa notare ch e la funzionalità psicologica carente è strettamente legata a manifestazioni fisiche anomale e alle difficoltà della persona di impostare buone relazioni interpersonali.
Ogni test va valutato ovviamente con l’integrazione delle informazioni ricavate dai colloqui spontanei, grazie ai quali è possibile raccogliere storie e resoconti liberi, ricchi di fantasie, desideri, sofferenze e aspettative con cui ogni fatto capitato alla persona viene immagazzinato e assimilato nel bagaglio dei propri ricordi. Ma già il profilo che si ottiene cumulano i punteggi stimati dalle persone (compresi tra zero e cento) testimoniano l’andamento generale di negatività e bassa soddisfazione, quando sussistono questioni non risolte nel proprio bagaglio di esperienze emotive e relazionali. Comune a tutte le persone valutate è l’aumento di percentuale di soddisfazione, legata a nuove attitudini acquisite, grazie alla volontà di sperimentare strategie più efficaci per leggere gli eventi e per approcciarsi ai fenomeni quotidiani.

Quando l'intervento non è efficace? Quando qualcosa ha compromesso l'intesa rapporto professionista paziente e quando non si è riusciti ad individuare bene i bisogni e gli interessi sbagliati che allontanano dalle mete desiderate.