PAURA DI NON ESSERE ALL'ALTEZZA
Dalla paura di essere all’altezza alla voglia di farcela
Durante la nostra esperienza, tutti ci siamo trovati di fronte alla sensazione, almeno qualche volta di non essere capaci. Anche chi si sente sicuro in generale, a volte sperimenta un leggero malessere di fronte ad imprevisti o eventi nuovi e complicati che possono turbare il proprio senso di autoefficacia. Sapersela cavare è frutto della lettura corretta di quello che ci capita e come noi reagiamo usando le strategie più adatte.
A volte il problema è che ci mancano le informazioni giuste, ma altre pur sapendo come fare siamo bloccati, in preda all’angoscia di non riuscire o di dover prendere delle decisioni che ci sembrano impossibili o ci fanno credere sbagliate Il giudizio di qualcuno per noi significativo, o il nostro giudice interno ci mettono il dubbio e se non andiamo alla ricerca della verità, star male diventa la normalità.
Ma essere all’altezza di chi? Di cosa? Qual è la nostra preoccupazione. il punto sta proprio qui. Non lo sappiamo neppure, è così. Ci sentiamo costantemente tesi perché quello che dobbiamo fare ci sembra una impresa non alla nostra portata. Ma la questione si complica quando non lo affermiamo in seguito ad una reale incapacità, bensì facciamo una previsione sulla base di dati non oggettivi. Valutiamo noi stessi sottovalutando le risorse che abbiamo o ingigantendo il pericolo a cui siamo sottoposti. Non ci riesco. E mi fermo.
La procedura corretta sarebbe invece la seguente. Non ci riesco, allora faccio in modo di riuscire. Cosa mi ferma? Quali idee, pensieri ed emozioni mi mettono in crisi?
Ho paura di sbagliare?
Sbagliare è possibile, ma tutto può comunque essere perfezionato, solo in virtù del riconoscimento del mancato obiettivo o della imprecisione con cui abbiamo completato il nostro compito. Dopo tentativi ed errori piano piano il progetto arriverà ad essere completato.
Temo il confronto? Perché ho bisogno di valutare le cose sulla base di prestazioni? Chi decide che l’altro ha fatto meglio di me? Magari è anche così e invece di starci male o mortificarmi potrei imitare l’altro e capire come riesce a raggiungere i suoi scopi in modo più efficace.
Temo di deludere? Ma quali aspettative pesano? Chi le ha formulate? Da una parte sono gli altri che si aspettano da me cose grandi, ma dall’altra siamo noi che costruendo una certa immagine non mostriamo mai le nostre fragilità e diciamo a chi sta accanto che noi sappiamo fare tutto da soli e non abbiamo bisogno di niente. Eppure quando ci troviamo in difficoltà, l’idea di venir smascherati ci terrorizza. Scopriranno che non so fare. E quindi? Qualcuno si arrabbierà, altri magari ci potranno esprimere la loro comprensione. In entrambi i casi verrà fuori il problema e solo quando è chiaro potremo trovare il modo di affrontarlo. La vita è cambiamento, accettazione ed evoluzione. In ogni caso dobbiamo correre il rischio di deludere perché potrebbe diventare l’inizio di una concreta valutazione dei nostri limiti e l’inizio di un miglioramento. Fare tutto per accontentare finisce per farci stare male e sbagliare le cose.
Temo di perdere il controllo?
Per far andare le cose come vogliamo, fin da piccoli diventiamo testardi e ci sembra un atteggiamento perfetto. Con la determinazione anche l’impossibile diventa per noi accessibile. Tuttavia a controllare troppo e tutto o ad un certo punto si esplode con un attacco di ansia, al pensiero che ci possa essere un contrattempo. Oppure ci viene talmente bene controllare ogni dettaglio che diventiamo degli specialisti, sviluppando comportamenti ossessivi compulsivi.
Temo di essere rifiutato?
Se l’altro non mi vuole sto male non ci sono alternative. Un dolore quasi più forte di quello fisico. Quando qualcuno non prova le stesse cose, ci ignora, non ci vede e la solitudine si fa sentire così tanto da farci mancare il respiro. La gioia diventa sconosciuta e tutto sembra perdere di senso. Dico sembra perché la vita continua, ha altre strade per noi, dobbiamo solo attendere. E soprattutto abbiamo bisogno di formulare altri tipi di ragionamenti. Ci raccontiamo che il problema siamo noi, le cose che non facciamo o che facciamo male, il nostro carattere, il nostro aspetto fisico. Ma noi andiamo bene, posiamo lavorare per piacerci di più, ma non possiamo piacere a tutti e questo va messo in evidenza, così possiamo ricordarcelo.
Temo di dover ammettere o confermare che non valgo?
Quando devo sostenere una prova, un esame, fare un progetto di lavoro, organizzare una festa, programmare un incontro tra amici, raccontare di me ai miei genitori, cosa mi fa stare in allerta? Se ammetto le mie fragilità, se racconto che a volte ho l’ansia, se non mi è venuta bene la cena che succede se gli altri lo vedono e lo dicono? Qualcuno ha dentro di sé una grande sofferenza che porta con sé da tanto. Si tratta della paura di vedere che non sa fare e così la prestazione sbagliata copre tutto il suo essere e valore, trascinando con sé la spiacevole sensazione di non essere veramente accolto e amato.
Tutti vogliamo essere amati e riconosciuti. Ma se fatichiamo troppo per ottenerlo perdiamo il bello di migliorarci e di coltivare le nostre passioni a scapito dei conflitti interiori che lentamente, porteranno a farci essere scontrosi o a isolarci. Solo il confronto con le situazioni complicate, la capacità di superare i conflitti, di cadere e rialzarsi, di amare e separarci, di affrontare delle perdite, ci aiutano ad acquistare le competenze che ci servono per terminare il lungo viaggio che ci conduce alla soddisfazione di noi, della vita e delle nostre relazioni.
Dalla paura possiamo avviarci al coraggio e trasformare le tensioni in energia per procedere. Ci serve una motivazione chiara e precisa, la voglia di farcela, anche dopo fallimenti e attese.
Per sbloccare le difese e rigidità proviamo a sbagliare, a dire di no, ad ammettere che non ci riusciamo, a piangere e ad entrare in crisi. Chi ci abbandona, lasciamolo andare; arriverà qualcuno che ci riconosce e ci sosterrà. A consolarci non è chi pretendiamo che lo faccia, ma che rendendosene conto ci mette nei nostri panni e riconosce di essersi trovato anche lui in quella situazione e diventa solidale.
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